URBANISTICA, LA REGIONE CONDIVIDE L’INTERO PERCORSO DELL’AMMINISTRAZIONE MAGRONE E CONCLUDE ANCORA UNA VOLTA: BISOGNA ATTENERSI ALLE NORME DEL 1995

Sulle attività edilizie nel Comune di Modugno, l’Ente regionale avverte: se non si osserva il piano regolatore del ’95 non c’è legalità. E riafferma un punto cardine che a Modugno pare ancora non accettato: l’unico soggetto titolato ad approvare varianti al PRG è la stessa Regione.

Per questo, il Sindaco Magrone propone ora al Consiglio una delibera
 che “in un paese civile risolverebbe il problema urbanistica”.

LA REGIONE PUGLIA SOLLECITA IL CONSIGLIO A DECIDERE
SCEGLIENDO SECONDO LE OPZIONI GIA’ FORNITE

Modugno è un Comune nel quale si è costruito per 15 anni – dal 1999 al 2014 – con norme illegittime che la Regione Puglia non riconosce come ‘efficaci e vigenti’. Lo ribadisce ancora una volta la Regione al Comune di Modugno, con una nuova nota (la quinta nel giro di un paio di mesi)  nella quale dà ragione all’amministrazione Magrone, ripetendo che per la Regione Puglia sono “efficaci e vigenti le norme tecniche di attuazione” approvate con il Piano regolatore generale del 1995.

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Nella nota, la Regione mette anche in mora il Consiglio comunale che il 20 giugno scorso, “pur prendendo atto che ‘la Regione Puglia ha fornito indicazioni in merito alle possibili modalità di risoluzione delle problematiche connesse con le anomalie procedurali relative al Piano Regolatore generale comunale e alle sue varianti’, non ha inteso adottare alcun provvedimento in tal senso”. Dopo aver chiarito il quadro normativo di riferimento, nella stessa nota, la Regione chiede di conoscere quali iniziative si intendono intraprendere affinché sia garantita la legittimità dell’azione amministrativa in materia urbanistico-edilizia. La nota della Regione è firmata dall’assessore al settore, Angela Barbanente, vicepresidente dell’ente, e dai dirigenti degli uffici regionali Urbanistica e Abusivismo Contenzioso e riafferma un principio per propugnare il quale il sindaco, Nicola Magrone, ha perso la maggioranza che lo sosteneva: nella seduta del consiglio comunale alla quale fa riferimento anche la nota regionale,  quella del 20 giugno scorso, Magrone è stato infatti messo in minoranza da dieci dei 16 consiglieri di maggioranza. Contro la proposta fatta dal sindaco al consiglio (inefficacia delle norme del ’99 e ripristino della legalità con la revoca di quelle norme, decidendo se riadottarle o cancellarle definitivamente), i dieci ‘dissidenti’ hanno invece proposto e votato per la costituzione di una commissione di tecnici che valuti la situazione e proponga il da farsi. Di fatto – afferma Magrone – hanno votato per un “rinvio di molti mesi” della soluzione della questione urbanistica col risultato che oggi, e per lungo tempo, l’ufficio urbanistica comunale non può dare risposte chiare ai cittadini con l’approvazione definitiva dei progetti presentati. E con la conseguenza che oggi la Regione – continua Magrone – sollecita ancora una volta il Consiglio Comunale “a garantire la legittimità dell’azione amministrativa in materia urbanistico-edilizia” e a scegliere, tra le vie già indicate dall’ente regionale, quale strada intraprendere per sanare i profili di invalidità delle norme utilizzate per quindici anni a Modugno.

La scoperta di quello che Magrone, col supporto degli esponenti della Regione, definisce “il vero e proprio ‘sacco’ edilizio compiuto a Modugno” è stata sottolineata già nel maggio scorso dalla stessa Regione Puglia, dopo che il dirigente comunale del settore Urbanistica, arch.Francesca Sorricaro, nominato da Magrone a dicembre 2013, aveva chiesto collaborazione per ‘anomalie’ riscontrate nelle norme di costruzione in vigore nel Comune di Modugno. La Regione, dunque, esaminata la questione, ha rilevato che dal 1999 al 2014 nel territorio di Modugno si è costruito seguendo norme illegittime adottate dal consiglio comunale nel ’99 e mai approvate – come era invece previsto dalle leggi – dalla Regione stessa.

In conseguenza della ‘scoperta’ degli abusi, l’assessore Barbanente ha sottolineato ripetutamente, anche in un incontro pubblico, che per la Regione le norme vigenti sono quelle antecedenti alle norme ‘abusive’ (quindi il Piano Regolatore del ’95)  e ha sollecitato il consiglio comunale di Modugno a prenderne atto e a trovare una soluzione concordata con la Regione stessa.

Pur messo in minoranza e dopo un appello, caduto nel vuoto, anche ai gruppi di opposizione in consiglio (centrodestra, Pd, Udc), Magrone resta fermamente intenzionato “a favorire il ripristino della legalità” e auspica che il consiglio deliberi in modo da sgombrare “con urgenza” il campo dalle norme illegittime. Per questo, ha presentato una nuova “proposta di delibera” dopo quella bocciata circa un mese fa: “in un Paese civile – conclude – farebbe uscire, secondo legalità e giustizia, l’intera comunità dalla brutale crisi che la va soffocando”.

A proposito della crisi politica nella quale è piombata l’amministrazione in conseguenza della scoperta degli abusi edili, Magrone sottolinea che si tratta di “un sinistro paradosso”. “D’incanto, si creano – afferma il sindaco – gruppi consiliari attestati sulla difesa del vecchio regime urbanistico, arbitrario e istigatore di clientele e di favoritismi, improvvisamente il sindaco diventa il nemico da abbattere. A rispondere dei quindici anni di arbitrio urbanistico, non vengono chiamati i sindaci e i tecnici dell’epoca ma il sindaco di oggi. Il quale, a differenza dei suoi ‘colleghi di prima’, non ha fatto finta di non vedere e di non sapere; visto e saputo, ha intrapreso, in sintonia perfetta con la Regione Puglia, la via del risanamento e del rimedio. E sia. Resta il fatto che il paese è quello lasciatoci da amministratori, per così dire, distratti, oggi agitatori sociali in difesa di interessi personali, professionali e imprenditoriali”.

Che la ‘questione urbanistica’ a Modugno fosse una vera e propria ‘grana’ per il sindaco eletto solo un anno fa non era imprevedibile: Magrone si è infatti trovato a gestire un ufficio urbanistico disastrato, che era stato al centro degli ‘affari’ contestati nel novembre 2012 a due sindaci Pd, consiglieri Pd e Udc e dirigenti delle passate amministrazioni, arrestati per gravi reati legati a tangenti di imprenditori edili, compresa l’associazione per delinquere. Era tuttavia meno facile da prevedere che Magrone fosse messo in difficoltà su questo genere di questioni proprio da consiglieri che in campagna elettorale avevano aderito al suo programma di “ripristino della legalità e dei diritti costituzionali”.

La Regione Puglia, nell’ultima nota inviata al Comune di Modugno, entra anche nel merito anche della propria eventuale partecipazione – prevista dai consiglieri ‘dissidenti’ – alla Commissione di esperti votata dal consiglio comunale del 20 giugno: “[…] deve anzitutto evidenziarsi che la partecipazione della Regione ad un organismo consultivo comunale in materia di pianificazione – si afferma nella nota – non appare in alcun modo ammissibile al di fuori di una espressa previsione di legge, a maggior ragione trattandosi  di piano sottoposto alla disciplina della Legge Regionale n. 56/1980, ai sensi della quale la Regione medesima svolge funzioni di controllo della pianificazione comunale e di approvazione del PRG e delle sue varianti. L’Amministrazione regionale, competente in materia di approvazione del PRG, si trova pertanto in palese situazione di incompatibilità con tale organismo”.

Inoltre, nell’ultima nota regionale, ribadendo che sono inefficaci le norme approvate dal consiglio comunale nel 1999, perché contengono“inequivocabilmente aspetti di variante al prg non efficaci in assenza di deliberazione di approvazione da parte della Giunta Regionale”,  si sottolinea ancora una volta che risultano ugualmente inefficaci altre norme che hanno introdotto modifiche riguardanti le costruzioni in “aree libere” utilizzando una deliberazione della giunta regionale del 2005 che approvava invece varianti riguardanti sopraelevazioni.

Secondo i tecnici, in molte parti, le norme ritenute illegittime utilizzate per costruire a Modugno negli ultimi 15 anni sono state pesanti per gli spazi comuni: hanno, per esempio, alterato il rapporto tra altezza degli edifici e larghezza stradale, privato il paese del verde necessario, inserito in aree destinate ad attività industriali altre destinazioni d’uso. In altri casi non hanno tenuto delle prescrizioni della Regione, per esempio riguardo a sopraelevazioni (dove era previsto si potesse costruire un solo piano ne sono stati costruiti tre o quattro) o a ristrutturazioni (consentendo di abbattere edifici anche quando non era possibile). Nel caso delle “aree libere” è stato, per esempio, eliminato il vincolo di 500 metri quadrati per il “lotto minimo” edificabile consentendo quindi edifici di tre-quattro piani anche su superfici di un centinaio di metri quadrati.